Abbiamo conosciuto un maestro vero e abbiamo incontrato amici straordinari che ci hanno fatto appassionare a lui.
Quindi grazie a Silvio Prota, a Josè Manuel Almuzara, a Don Bonnet, al maestro Etsuro Sotoo, a Suor Gloria Riva e a tutti quelli che hanno condiviso con noi quest'avventura di amicizia e di bellezza.
A TAVOLA
CON IL MAESTRO ETSURO SOTOO
Il testo che segue è tratto dalla conversazione con lo scultore Etsuro Sotoo, avvenuta in un pranzo tra amici, a Barcellona, il 6 settembre 2015.
Al pranzo erano presenti, oltre al maestro Etsuro Sotoo scultore giapponese impegnato dal 1978 nel cantiere della Sagrada Familia, il dott. Almuzara presidente dell'Associazione per la Beatificazione di Antoni Gaudì e l'arch. Silvio Prota studioso di Gaudì.
Il tono del testo che segue è evidentemente discorsivo.
Maestro Sotoo: “Siamo quattro fratelli, mia madre doveva
lavorare e io andavo a scuola e soprattutto disegnavo. Quando sono arrivato in
università volevo fare cose grandi, infatti i miei disegni uscivano sempre dal
foglio. Mia madre mi dava un foglio più grande, ma il mio disegno usciva ancora
di più. Il foglio di giornale invece non mi dava soddisfazione perché era tutto
scritto e non mi veniva bene il disegno. Allora mia madre mi diede una grande scatola
di fiammiferi, ma a due condizioni: che non li accendessi e che li raccogliessi
quando avevo finito. Mi piaceva tantissimo quella scatola di fiammiferi perché
con quei fiammiferi, mettendoli in giro per la mia camera, potevo finalmente
fare un disegno molto grande: una macchina enorme, anche se la stanza era piccola,
fantastica da guidare per un bambino, un aereo …
Giocavo dentro il mio disegno.
Per questo all’università dove stavo andando volevo studiare qualcosa che mi permettesse di fare cose grandi. Cose grandi: architettura o scultura, ma architettura è più grande. Ma all’università di architettura non insegnano architettura, ma come si disegna l’architettura.
Quindi prima di andare all’università di architettura volevo studiare la forma nell’arte.
Un’altra possibilità era andare a fare il guardiano del faro: si sta in alto, si può vedere tutto il paesaggio aperto, si può normalmente stare soli, si possono tenere dei libri, si può disegnare. Comunque credo di non essere riuscito a stare in un faro per le barche, ma in un faro per l’umanità. Perché la Sagrada Familia è un faro per l’umanità.
Quindi mi sono trovato qui perché sono venuto in Europa per cercare la pietra. Perché fin da piccolo volevo ottenere quello che cercavo, ma non sapevo cos’era. Per ottenere davvero qualcosa c’è bisogno di sacrificio, questo era l’unica cosa che sapevo. Quando si lavora la pietra esce sangue, si suda. Io so tagliare il legno, saldare il metallo, il ferro … ma paragonati alla pietra questi sono materiali semplici. Per questo le cose difficili mi attraevano. Perché la pietra sembra che non abbia carattere, che sia molto fragile. Per esempio un grande blocco di pietra dipende dalle sue venature. Una volta presi da una montagna un grande blocco di pietra rotondo … perché era gratis. E da rotondo volevo farlo quadrato. Allora facevo una faccia piana, un’altra faccia piana e poi proprio quando avevo quasi finito lavorando da una parte, cadeva un pezzo dall’altra. Non sapevo che quella pietra aveva un carattere a strati, come quello di una cipolla. Ecco, un giorno se provate a rendere cubica una cipolla e ci riuscite, fatele una foto e mandatemela! Perché è impossibile! Quindi è questa la difficoltà della pietra. Da questo ho imparato che devo obbedire alla pietra. E devo obbedire anche agli strumenti. Devo amare gli strumenti se no non posso lavorare. Quindi sono venuto qui solo per cercare della pietra. Non mi importava niente di Gaudí e della Sagrada Familia … ma non ditelo troppo in giro!...La pietra per me è un cammino per trovare me stesso. Sono venuto per cercare la pietra e sono arrivato a oggi a dire che quello che cercavo era me stesso.
Questo è il riassunto e è stato grazie a un amico, grande aiuto nella scoperta.
Camminando in un deserto non sai se stai andando a nord o a sud; grazie al mio amico José Manuel che mi ha consigliato una strada, io camminavo e ad ogni passo trovavo una gemma e poi un’altra gemma. Trovavo cose belle! Questo vale la pena! Ci sono altre strade dove cammini cinquanta kilometri e non trovi niente! Quindi un giorno Josè Manuel mi chiese se volevo essere battezzato, se avevo trovato la fede o no. E quindi gli dissi “aspetta la settimana prossima” e me ne andai a Madrid perché avevo un invito in ambasciata. Nella sala d’attesa dell’aeroporto … sicuramente avete presente … vi sarà capitato qualche volta, è molto noioso! Ma c’era una mamma con un bambino che non faceva altro che guardare il suo bambino e per lei il bambino era la cosa più importante, di sicuro, era il numero uno al mondo. In un altro angolo c’era un altro bambino che correva e la mamma gli diceva di smettere perché altrimenti sarebbe caduto. Infatti cadde e pianse, ma la mamma lo tirò su. Per questo bambino il numero uno al mondo è la sua mamma. Questa mamma è numero uno, quel bambino è numero uno, quell’altra mamma è numero uno, quell’altro bambino è numero uno. In quella piccola sala erano tutti numeri uno. Pensai: nel mondo deve essercene uno solo di numeri uno, ma qui siamo pieni di numeri uno! Chi può spiegare questo? Non ha sicuro a che fare con la matematica. L’unica spiegazione è l’amore. E chi ha detto per primo amore, vale la pena seguirlo. Questo è il riassunto".
Giocavo dentro il mio disegno.
Per questo all’università dove stavo andando volevo studiare qualcosa che mi permettesse di fare cose grandi. Cose grandi: architettura o scultura, ma architettura è più grande. Ma all’università di architettura non insegnano architettura, ma come si disegna l’architettura.
Quindi prima di andare all’università di architettura volevo studiare la forma nell’arte.
Un’altra possibilità era andare a fare il guardiano del faro: si sta in alto, si può vedere tutto il paesaggio aperto, si può normalmente stare soli, si possono tenere dei libri, si può disegnare. Comunque credo di non essere riuscito a stare in un faro per le barche, ma in un faro per l’umanità. Perché la Sagrada Familia è un faro per l’umanità.
Quindi mi sono trovato qui perché sono venuto in Europa per cercare la pietra. Perché fin da piccolo volevo ottenere quello che cercavo, ma non sapevo cos’era. Per ottenere davvero qualcosa c’è bisogno di sacrificio, questo era l’unica cosa che sapevo. Quando si lavora la pietra esce sangue, si suda. Io so tagliare il legno, saldare il metallo, il ferro … ma paragonati alla pietra questi sono materiali semplici. Per questo le cose difficili mi attraevano. Perché la pietra sembra che non abbia carattere, che sia molto fragile. Per esempio un grande blocco di pietra dipende dalle sue venature. Una volta presi da una montagna un grande blocco di pietra rotondo … perché era gratis. E da rotondo volevo farlo quadrato. Allora facevo una faccia piana, un’altra faccia piana e poi proprio quando avevo quasi finito lavorando da una parte, cadeva un pezzo dall’altra. Non sapevo che quella pietra aveva un carattere a strati, come quello di una cipolla. Ecco, un giorno se provate a rendere cubica una cipolla e ci riuscite, fatele una foto e mandatemela! Perché è impossibile! Quindi è questa la difficoltà della pietra. Da questo ho imparato che devo obbedire alla pietra. E devo obbedire anche agli strumenti. Devo amare gli strumenti se no non posso lavorare. Quindi sono venuto qui solo per cercare della pietra. Non mi importava niente di Gaudí e della Sagrada Familia … ma non ditelo troppo in giro!...La pietra per me è un cammino per trovare me stesso. Sono venuto per cercare la pietra e sono arrivato a oggi a dire che quello che cercavo era me stesso.
Questo è il riassunto e è stato grazie a un amico, grande aiuto nella scoperta.
Camminando in un deserto non sai se stai andando a nord o a sud; grazie al mio amico José Manuel che mi ha consigliato una strada, io camminavo e ad ogni passo trovavo una gemma e poi un’altra gemma. Trovavo cose belle! Questo vale la pena! Ci sono altre strade dove cammini cinquanta kilometri e non trovi niente! Quindi un giorno Josè Manuel mi chiese se volevo essere battezzato, se avevo trovato la fede o no. E quindi gli dissi “aspetta la settimana prossima” e me ne andai a Madrid perché avevo un invito in ambasciata. Nella sala d’attesa dell’aeroporto … sicuramente avete presente … vi sarà capitato qualche volta, è molto noioso! Ma c’era una mamma con un bambino che non faceva altro che guardare il suo bambino e per lei il bambino era la cosa più importante, di sicuro, era il numero uno al mondo. In un altro angolo c’era un altro bambino che correva e la mamma gli diceva di smettere perché altrimenti sarebbe caduto. Infatti cadde e pianse, ma la mamma lo tirò su. Per questo bambino il numero uno al mondo è la sua mamma. Questa mamma è numero uno, quel bambino è numero uno, quell’altra mamma è numero uno, quell’altro bambino è numero uno. In quella piccola sala erano tutti numeri uno. Pensai: nel mondo deve essercene uno solo di numeri uno, ma qui siamo pieni di numeri uno! Chi può spiegare questo? Non ha sicuro a che fare con la matematica. L’unica spiegazione è l’amore. E chi ha detto per primo amore, vale la pena seguirlo. Questo è il riassunto".
Domanda : In questo incontro Gaudí
come ha influito?
Maestro Sotoo : "Non mi importava di Gaudí
o della Sagrada Familia, ne conoscevo solo il nome, ma non sapevo quello che
stavo facendo. Costruendo, smontando o cos’altro? ma siccome avevo ricevuto
l’incarico di diventare scultore della Sagrada Familia, dovevo automaticamente
sapere cosa fosse la Sagrada Familia e chi fosse Gaudí. Poco a poco ho
cominciato a scoprire che questo signore mi aveva sorpassato di molto sulla
strada che volevo percorrere. E molto tempo prima che io scoprissi che stavo
soffrendo. Io direi che non bisogna temere, soprattutto i ragazzi giovani come
voi, l’importante è essere amici. Perché gli amici e il lavoro vi rendono
migliore la vita. Ma non bisogna nemmeno avere paura di stare da soli. Se
imitate sempre un amico o quello che vi dice un libro o una rivista non avrete amici.
Per avere veri amici bisogna essere se stessi. Anche se qualcuno ti dice che
non vai bene, che sei strano … ma essere te stesso è l’unico modo per trovare
veramente un amico. Perché quando sono arrivato qui io volevo essere spagnolo.
Provai ad imparare la lingua e ad abituarmi, ma non trovavo amici. Poi mi resi
conto che qui siamo in Catalogna e quindi imparai il catalano, il modo di bere
il vino di qui, ma non ho trovato amici. Imitando i catalani e gli spagnoli non
ho trovato amici. Quindi pensai “fa lo stesso, io sono giapponese, non mi
importa e faccio a modo mio.” Dato che io lavoravo molto, un mio collega
spagnolo mi dava fastidio per fare in modo che non lavorassi. Mi arrabbiai in
giapponese e gli tirai il martello, ma non lo ho colpito, ah ah ah … e lui capì che ero arrabbiato.
Quando glielo dicevo in catalano e spagnolo non capiva, ma col giapponese sì.
Comunque tirare un martello è molto pericoloso e è una cosa molto brutta … non
fatelo mi raccomando! Quindi passai un’ora a chiedergli scusa perché quel
collega era andato in giro a dire a tutti “Sotoo è arrabbiato, è arrabbiato!”.
Quindi dovevo andare da tutti a chiedere scusa. Ma poi capii che questo mio
collega, dato che io lavoro tanto, voleva fare in modo che io mi riposassi.
Fortunatamente il mondo non è piccolo, non ancora, anche se c’è internet,
Whatsapp, Facebook. Per voi il mondo è ancora molto grande. Per viaggiare e
arrivare a sapere cosa è il mondo, dovete trovare voi stessi. Altrimenti non lo
troverete mai. L’importante sta in queste parole di Gaudí: “ tornare
all’origine”. Ho sentito dire che il vostro paese è molto bello. E chi ha un
paese molto bello e che ama può andare dovunque, nel mondo intero. Chi non ha
un paese che ama non sa dove nasce, non sa chi è, non troverà niente nel mondo.
Questo come trovare amici, lavoro, incontrare il mondo. Tutto questo grazie alla
pietra, alla Sagrada Familia e grazie a Gaudí perché lui era un grande
viaggiatore, anche se fisicamente non poteva viaggiare perché era malato,
sapeva chi era e da dove venire. Per questo è andato in tutto il mondo … o
meglio, tutto il mondo viene qui. Originalità, questa l’origine. E tutti quelli possiederanno
un’origine, nel mondo sarà bello. Ma sempre rispettando, perché gli amici se
non si rispettano non sono amici.
Quindi auguri! Perché per
i figli viaggiare con i genitori è un gran sacrificio….anche se lo è anche per
i genitori"...
Intervento : Ieri quando siamo stati
alla messa la sera nella cripta il prete, monsignor Lluis Bonet, ci ha dato una preghiera a Gaudí. In questa
preghiera si chiede a Gaudí di concederci di lavorare bene; gli ho chiesto
questo perché spesso mi sembra che non sto lavorando bene, anche tecnicamente.
E quando sono entrato qui per la prima volta ho pensato “lui sì che sapeva
lavorare bene!” Quindi se c’è qualcuno a cui chiedere di lavorare bene è lui!
Almuzara: "Riguardo a quello che
dici, Gaudí aveva 26 anni nel 1878 e aveva appena finito l’università. Uno dei
suoi clienti lo aveva incaricato di fare una vetrina. Era una vetrina per
mettere i guanti. questa vetrina viaggiò a Parigi perché c’era l’Esposizione
Universale lì. E lì arrivò il Conte Güell che si innamorò della vetrina. Disse
che era bellissima e volle conoscerne l’autore. L’autore, che non era a Parigi
ma a Barcellona, era. Quindi il lavoro ben fatto da Gaudí da giovane in quella
vetrina lo fece conoscere al Conte Güell. Questo conte poi lo incaricò di molti
progetti e lo mise in contatto con molti altri clienti. Quanti edifici di Gaudí
sono patrimonio dell’umanità? Sette! Quanti hanno il nome Güell? Tre! E tutto
grazie ad una vetrina! Nella cripta oltre allo spazio meraviglioso sicuramente
avrete notato le lampade, gli angioletti nelle vetrate, i candelabri, tutto
possiede il suo lavoro ben fatto e il suo amore, perché per Gaudí tutto era
importante. Perché prima metteva l’amore e poi la tecnica. L’ultima opera di Gaudí
prima di morire fu una lampada. Era il 7 giugno del 1926, Gaudí avrebbe
compiuto 74 anni. Aveva già fatto Casa Battlò, Casa Milà, Park Güell; era già
un grande architetto. Erano le cinque del pomeriggio e, salutando il suo
collaboratore Vincente, gli disse: “Vincente, domani vieni presto che faremo
cose molto belle!” Era una lampada! Ma non poterono farlo perché quella sera fu
investito da un tram e morì tre giorni dopo. Ma tra una vetrina e una lampada,
pensate a tutto quello che ha lasciato Gaudí".
Almuzara: "Se qualcuno ha anche
una piccola storia che abbia una relazione con Gaudí, per piccola che possa
sembrare, mandatemela che sarà molto utile per la causa di beatificazione di Gaudí.
Anche fosse solo che pregate Gaudí e di conseguenza smettete di fare fatica ad
obbedire al vostro papà! È solo un esempio! È molto interessante sapere che Gaudí
è una persona che ci aiuta nella nostra vita quotidiana!"
Domanda : Gaudí diceva
spesso questa frase “la vita è amore e l’amore è sacrificio”. In questi giorni
in cui abbiamo visto qualcosa di così bello, questa bellezza fatta di pietra la
mia domanda era un po’ questa: come facciamo a vivere il sacrificio di tutti i
giorni? Come facciamo a portare avanti anche le nostre fatiche quotidiane, alla
luce di quello che ci ha detto Gaudí? Cioè come ci può aiutare Gaudí a vivere
anche la fatica di tutti i giorni?
Maestro Sotoo: "Per esempio per i genitori
è un grande avvenimento che nasca un figlio, una grande gioia, ma che lavoro!
Voi non ve lo ricordate ma si passa tutto il giorno a cambiare pannolini e a
dargli da mangiare. Sembra un sacrificio, ma non lo è! È gioia! E così
continuando per migliaia di anni si è arrivati a noi, dai nostri antenati siamo
arrivati a noi. Se pensate che il lavoro sia tutto sacrificio, vi domanderete
perché e per cosa e alla fine lascerete tutto e farete quello che avrete
voglia. Bisogna pensarci bene. Se pensate che il lavoro sia solo per guadagnare
soldi sarà tutto un sacrificio e alla fine un giorno vi toglierà la voglia di
lavorare. In fondo noi vogliamo essere felici. Come quando ci si occupa di un
neonato: molto lavoro che però rende felici! Il sacrificio non è un sacrificio,
ma ci da felicità. Tutto il lavoro se ci dà felicità, non ci farà sentire
stanchi. Oggi, ma anche prima era così, si pensa che il denaro ci dia la
felicità, ma il denaro non è la felicità, perché se lavoriamo per i soldi ci
sentiremo sempre stanchi. Cerchiamo di lavorare per essere felici, il denaro
molto spesso non ci dà la felicità. Gaudí lavorava per dare la felicità, ma
voleva prima di tutto essere felice lui.
Tutti vogliono essere felici, no? Per Gaudí per sentirti felice devi dare la
felicità ad un altro. Per questo tutte le sue opere sono diverse, sono tutti
tentativi di dare la felicità ad un altro. Se l’altro era felice allora lui sentiva
una vera felicità. Allora per quanto riguarda la Sagrada Familia, Come si fa a
dare la felicità al padrone di questa chiesa? Sapete chi è, giusto? È Dio! Ecco
per esempio un giorno voi volete rendere felici i vostri genitori, come fate?
Perché per i genitori i figli sono già felicità. Magari se è il loro compleanno
fate loro un regalo. Oppure provate a prendere tutti dieci, questo è il miglior
regalo che potreste fare! Ma la vera felicità per i vostri genitori è che voi
stessi siate felici. Per questo per dare la felicità al proprietario di questo
tempio che è Dio, noi stessi dobbiamo essere felici. Per questo costruiamo il
tempio. Alla fine il sacrificio non è sacrificio, nonostante ci sia sacrificio
vi sentirete felici. Questo è il rapporto che c’è tra lavoro e sacrificio".