Gaudì, l'architetto di Dio



La bellezza è lo splendore della verità: siccome l'arte è bellezza, senza verità non c'è arte. Per trovare la verità bisogna conoscere bene gli esseri del creato». Non a caso l'uomo che ebbe a pronunciare queste parole è stato definito «l'architetto di Dio» e per lui è in corso un processo di beatificazione: parliamo di Antoni Gaudi, architetto spagnolo vissuto tra il 1852 e il 1926, ideatore di straordinarie opere tra cui molti splendidi palazzi e la notissima cattedrale di Barcellona dedicata alla Sagrada Familia. A quest'ultima lavorò 43 anni, 12 dei quali con dedizione esclusiva, al punto da andare ad abitare nel relativo cantiere.

Di umili origini, Gaudi non beneficiò mai di significativi riconoscimenti da parte delle istituzioni pubbliche e morì in povertà, investito da un tram, senza che nessuno si affrettasse a soccorrerlo: trasportato in ospedale, rifiutò una camera privata, affermando che il suo posto era «tra i poveri».

Catalano nazionalista, anticlericale e dandy in gioventù, Gaudi si era formato nel clima culturale di ricerca che seguì il superamento del classicismo: nelle sue opere si ritrovano tracce delle molte correnti artistiche della seconda metà dell'800, nonché delle avanguardie dei primi del '900, dalla severità dello stile neogotico al sentimentalismo romantico, dal gusto per l'aspetto ornamentale e decorativo del Liberty a quello dell'esotico proprio dell'orientalismo, fino ai tratti - rielaborati - di simbolismo, preraffaellismo, modernismo. Non si limitò ad imitare acriticamente i vecchi modelli ma guardò ad essi come riferimento per una creazione sempre nuova, fatta della mescolanza di diversi stili architettonici, giungendo ad esiti creativi che lo fecero apostrofare quale «genio oppure pazzo». La sua opera più significativa è probabilmente la Sagrada Familia, commissionatagli dall'Asociaciòn Espiritual de Devotos de San José che, allo scopo di richiamare il valore della famiglia, aveva acquistato un terreno, in una zona allora periferica della città, per costruirvi un complesso di infrastrutture sociali, comprese scuole ed officine. Qui Gaudi avviò la realizzazione di una chiesa unica nel suo genere, sintesi di genio artistico ed impegno sociale, senza definirne previamente gli esiti, eppure radicalmente consapevole dei suoi presupposti: secondo le indicazioni dei fondatori, infatti, essa doveva essere un tempio espiatorio, nutrirsi di sacrifici e quindi essere finanziata con donazioni, per le quali lo stesso Gaudi andava in giro ad elemosinare «un centesimo, per amore di Dio». Una chiesa concepita non come creazione di un solo architetto ma di più generazioni, «realizzata dal popolo [...] un'opera posta nelle mani di Dio e affidata alla volontà del popolo. Vivendo a contatto con il popolo e rivolgendosi a Dio, l'architetto svolge il proprio compito. È la Provvidenza che, secondo i propri disegni, porta a termine i lavori»: neanche i tempi di realizzazione preoccupavano Gaudi, il quale ripeteva «la finirà San Giuseppe. Il mio cliente, colui che me l'ha ordinata, non ha fretta. In questa chiesa tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto».

Ed invero la Sagrada Familia è rimasta incompiuta: Gaudi infatti morì prima di terminarla e lasciando scarse indicazioni sulla prosecuzione dei lavori. Del resto, abbandonata l'idea dell'architettura come creazione artistica umana, Gaudi non seguì schemi convenzionali né un progetto predefinito, ma si basò sull'osservazione e sulla sperimentazione quotidiana, in modo che dalla pietra emergesse il reale significato delle cose, in linea con la tradizione medievale dei costruttori di cattedrali, dei quali si considerava successore: scelse i metodi lenti e anonimi tipici del Medioevo, rinunciando all'uso del cemento e privilegiando mattoni ed altri materiali di tutti i giorni, quali ceramica e ferro battuto, impiegati però con totale libertà espressiva. Ne è derivata un'immane opera ove architettura, pittura e scultura si fondono in un corpo organico, dotato di una sua vita interna, ispirato allo stile gotico, ma sfrondato da tutte le sue eccedenze formali, alleggerito attraverso elementi circolari, con un uso delle decorazioni discreto e sempre attento a valorizzare l'aspetto liturgico: un imponente catechismo di pietra (biblia pauperum), animato dal sovrabbondante riferimento alle forme della natura, vegetali e animali, utilizzate non come elementi decorativi (a differenza, ad esempio, di quanto avviene nello Stile liberty), ma per il loro profondo significato simbolico cristiano. Gaudi in proposito ebbe una volta a chiedere: «vuoi conoscere la mia fonte di ispirazione? Un albero; è lui che sostiene i rami e questi le foglie e i ramoscelli. Ogni singola componente cresce armoniosamente, in maniera stupenda, dal momento in cui il Padreterno l'ha creata».

Nella Sagrada Familia tutto ha funzione simbolica: la chiesa, ad esempio, rappresenta il corpo mistico di Cristo ed è edificata intorno all'altare, simboleggiante -come anche la torre maggiore - Cristo stesso; le facciate sono concepite per illustrare gli aspetti principali della vita di Cristo (Natività, Passione, Gloria) e ornate ciascuna da 4 campanili, 12 in tutto, rappresentanti gli apostoli e disposte a forma di mitra [il copricapo dei vescovi], quasi la torre fosse il pastorale dei vescovi, successori degli apostoli. «L'artista con la sua opera collabora alla creazione di Dio e così libertà e felicità sono possibili. Questa è l'unica vera strada da seguire per l'uomo»: è questa la più preziosa lezione e l'eredità di Gaudi, esempio di come l'artista possa santificarsi con il suo lavoro e così testimoniare la propria fede fino a favorire numerose conversioni tra i visitatori della cattedrale. Tra tutte, basti ricordare quella di Et-suro Sotoo, scultore giapponese affascinato dalla Sagrada Famiglia al punto da tentarne il completamento ed il restauro delle parti distrutte nella rivoluzione civile del 1936. Tentando di comprendere le motivazioni di Gaudi, Sotoo intuì che per capire «cosa avrebbe fatto Gaudi al suo posto» avrebbe dovuto non «guardare a Gaudi», bensì «alla direzione in cui guardava Gaudi». Egli è così giunto alla fede cattolica: «l'architettura di Gaudi indica, non obbliga, è una cosa umana. È così anche il cammino di Gesù. Gesù non ci obbliga a fare, però ci guida. E allora possiamo essere molto più felici e molto più sicuri». Dopo la conversione, infatti, Sotoo afferma che il suo modo di lavorare è diventato «molto più facile e sicuro» e ricco di «gusto e libertà». Al punto forse da poter consentire l'avveramento della profezia di Gaudi sulla Sagrada Familia: «Gli angoli spariranno e la materia svelerà le sue rotondità astrali; il sole penetrerà in tutte le direzioni: sarà la rappresentazione del Paradiso».





Fonte: Il Timone

 (Quaderni Cannibali) Marzo 2009 - autore: Valentina Sessa